26-06-2015
Vino con zucchero, la Guardia di Finanza sequestra materiale per 30 milioni di euro. Ottimi i controlli, pessima la comunicazione.
L’operazione “Hydrias”, condotta il 18 giugno scorso a Bologna dalla Guardia di Finanza con la regia della Procura della Repubblica, ha permesso di sventare la frode di una grande azienda agricola che mirava a produrre vini di bassa qualità utilizzando zucchero, anziché mosto d’uva. La vicenda a livello di informazione è stata gestita male e questo rischia di danneggiare un sistema produttivo onesto e rispettoso. Lo segnala Great Italian Food Trade in questo articolo di Dario Dongo ripreso dal sito. La mattina del 18 giugno è stata diffusa l’agenzia di una perquisizione presso “un’importante azienda bolognese vitivinicola e nelle case dei responsabili dell’azienda, indagati per frode in commercio. Le indagini hanno messo in luce un sistema fraudolento per vendere, in grandi quantità, vini da tavola e mosti ottenuti con materie prime utilizzate per la sofisticazione”. Nessun pericolo per la salute pubblica, solo il banale caso di una combriccola di furbetti che hanno voluto fare il vino con acqua e zucchero, che non produce sciroppo bensì innalza il grado alcolico mediante fermentazione. Quel che un tempo si chiamava “vino col bastone”, per ironizzare su alcuni “vinai” disonesti che “mescolano”, e che peraltro è pratica ammessa in altri Paesi come la Francia. L’Italia è infatti uno dei pochi Paesi al mondo – assieme a Grecia, Spagna e Portogallo – ove il vino deve venire prodotto a partire dai soli mosti d’uva, con rigoroso divieto alla pratica del cosiddetto “zuccheraggio”. E i controlli sulla filiera sono così stringenti da avere subito sventato il malaffare di chi provava a fare il vino “alla francese”, cioè impiegando zuccheri di origine diversa come quelli di barbabietola e di canna. Nel caso specifico gli investigatori – intercettati gli autotreni che di notte scaricavano “ingenti quantitativi di zucchero di ignota origine” – sono risaliti a uno storico impianto di produzione vinicola e hanno sequestrato merci per oltre 30 milioni di euro. All’efficienza degli apparati investigativi non è però purtroppo corrisposta la completezza dell’informazione. Col risultato che lo scandalo di una colossale frode sui vini prodotti da una grande cantina dell’Emilia Romagna, senza rendere nota l’identità dei responsabili, è dilagato in un lampo nei cinque continenti, arrecando grave danno alla reputazione di una delle prime “food valley” italiana e dei suoi onesti rappresentanti, che sono stati vittime di innumerevoli richieste di rassicurazioni sui mercati internazionali. E solo diverse ore dopo l’apertura di una crisi globale a danno del comparto vitivinicolo emiliano, sono stati resi noti i nomi degli indiziati, i due titolari e proprietari delle Cantine Brusa di Dozza (Bologna). Da: ilfattoalimentare.it. - Di Dario Dongo