29-09-2014
Chicco Curreli - AGRICOLTURA, AMBIENTE, CITTA`: IN CHE MODO SE NE OCCUPA LA NUOVA PAC 2014-2020.
L`incapacità di uscire dalla crisi
Cagliari 29 settembre 2014 - Vi è un aspetto particolarmente attuale dell`agricoltura che caratterizza distintamente la nuova politica comune 2014-2020: il collegamento tra il mondo delle campagne, l`ambiente e le città. Si tratta di un argomento di indubbio interesse, che da alcuni anni coinvolge cittadini, operatori economici e politica; un argomento, tra l`altro, che è alla base del prossimo Piano di Sviluppo Rurale della Sardegna per il periodo 2014-2020. L`UE ritiene che l`agricoltura debba svolgere un ruolo fondamentale anche per la vita dei cittadini, esercitando una costante azione di presidio del patrimonio ambientale, storico e culturale delle zone rurali. L`agricoltore, infatti, è uno dei pochi soggetti, forse il più importante, che si occupa quotidianamente e concretamente della vigilanza e della protezione dell`ambiente; in più, egli è un soggetto economico che, per far funzionare la propria impresa, deve gestire e tenere sotto controllo i principali fattori ambientali: per esempio, deve accertarsi che le acque piovane vengano regolarmente e razionalmente smaltite attraverso adeguati interventi di sistemazione e manutenzione idraulico-agraria; deve poter contare su versanti stabili, dove pascolare le greggi e le mandrie; deve evitare i fenomeni franosi, affinché non si creino pericoli per le persone, le colture, il bestiame; deve vigilare ed eseguire interventi preventivi affinché il fuoco non distrugga il suo patrimonio fondiario (fabbricati, piantagioni, pascoli, animali); deve evitare che l`inquinamento comprometta le acque che utilizza per l`abbeveraggio del bestiame, o che pregiudichi la fertilità dei terreni agrari. Pertanto l`agricoltore è il vero e forse unico controllore del territorio poiché, quantomeno, è costretto a vigilare per poter conseguire un reddito. Si potrebbe obiettare che, ad esempio, anche l`Ente Foreste della Sardegna controlla e fa prevenzione ambientale; ma, a differenza dell`agricoltore, il suo operare determina un costo, e anche salato, a carico della collettività. Lo scopo istituzionale è di proteggere il bene comune investendo risorse di tutti noi, mentre l`agricoltore, differentemente, spende i propri denari per presidiare e salvaguardare un bene che è anche nostro, cercando nel far questo e quasi sempre con fatica, di ritagliarsi un margine di reddito necessario per il sostentamento della propria famiglia. L`UE, finalmente, ha capito che il binomio agricoltura-ambiente debba rappresentare l`asse portante di un futuro sostenibile, del progresso economico e civile delle future generazioni: ecco che, con il Piano di Sviluppo Rurale 2014-2020, viene formalmente riconosciuta e regolamentata la funzione di presidio ambientale svolta dagli agricoltori. Ma ora bisognerebbe comprendere in cosa consiste questo Piano (P.S.R. Sardegna 2014-2020) di cui sentiremo abbondantemente parlare nei prossimi 7 anni, un Piano che opera sul territorio regionale come principale strumento di programmazione e di finanziamento per gli interventi nel settore agricolo, forestale e dello sviluppo rurale. Il primo aspetto da considerare è che il P.S.R. si propone di riversare in Sardegna, nei prossimi 7 anni, risorse per 1.308.000.000 euro (si consideri che la programmazione 2007-2013 ne ha messo a disposizione 1.284.000.000). Questi aiuti, una buona parte dei quali destinata agli investimenti per l`incremento della competitività delle aziende agricole, e ai quali si dovranno sommare le quota di finanziamento dei privati (i mezzi propri), permetteranno di mettere in circolo la massa di denaro necessaria per innescare nell`Isola una concreta ripresa dell`economia agricola, zootecnica e agroalimentare. Consentiranno inoltre la ripartenza di quelle numerose attività dell`indotto agricolo, come l`edilizia, le aziende impiantistiche e quelle meccaniche, il settore del commercio, quello professionale e dei servizi. Avviare tempestivamente la macchina del P.S.R., pianificarla e attuarla con criterio durante tutti i prossimi 7 anni, significa riportare in vita quella parte di economia sana di cui tutti parlano, ambita, auspicata, basata su produzioni primarie di qualità, sulla massima tutela dell`ambiente, sulla riscoperta di origini e tradizioni, e indissolubilmente connessa con le sorti di un secondo importante comparto, quello turistico. Queste opportunità che valgono per la Sardegna, con tutte le dovute distinzioni valgono anche per le altre regioni italiane: l`Italia, nella programmazione 2014-2020, è riuscita a portare a casa una dotazione di € 20.859.400.000,00; questo valore ci classifica come lo stato membro che, nei prossimi sette anni, riceverà di più, secondo solo alla Polonia, che beneficerà di € 21.882.000.000,00 (poi a seguire la Francia con € 19.819.000.000,00, Spagna 16.581.000.000,00, Germania 16.435.000.000,00, etc.). Sono dati ci devono far riflettere su cosa è possibile e doveroso fare, senza perdere un secondo di più, per fronteggiare lo stato di crisi che attanaglia l`agricoltura della Sardegna e dell`Europa. Rimane, tuttavia, il serio rischio che uno scriteriato atteggiamento autolesionista, già patito dagli agricoltori sardi nella precedente programmazione 2007-2013, si possa ripetere nei prossimi 7 anni. Vi è infatti il dubbio che lo stato di crisi non abbia a che fare esclusivamente con la bassa congiuntura economica, ma che risulti fortemente condizionato dalla disastrosa organizzazione degli apparati amministrativi regionali e nazionali, dalla burocrazia che attanaglia e ingessa le attività produttive italiane, prime fra tutte quelle agricole, dai meccanismi che inibiscono la chiara e ordinata applicazione delle norme. Tutti aspetti che rallentano, quando non impediscono, la regolare immissione dei fondi comunitari nel circuito economico delle imprese agricole. Questa importante mole di aiuti assegnata dall`UE alle regioni, infatti, viene messa in circolo solo se le amministrazioni riescono a gestire i meccanismi di spesa e di rendicontazione regolamentati da Bruxelles che, purtroppo, agli italiani non piacciono, al punto che, anche a distanza di anni, diviene molto difficile apprenderli. Procedure che tantomeno piacciono agli apparati amministrativi sardi, che proprio in questi giorni si preparano per restituire all`UE (a meno che la nuova compagine di governo non riesca in extremis a superare l`ostacolo) circa 300.000.000 di euro non spesi nel corso della programmazione agricola 2007-2013. Da una parte, dunque, grandi risorse finanziarie, dall`altra gli apparati della P.A. che viaggiano con il freno a mano tirato proprio quando dovrebbero rappresentare il faro per il mondo delle campagne, in un`epoca così economicamente tormentata. Sono molti i dirigenti regionali incapaci di stare al passo con i tempi e con i meccanismi UE e che sono cronicamente disgiunti dal mondo delle imprese e dell`agricoltura: intervenire, ottimizzandoli, sugli assetti dirigenziali potrebbe quindi essere, da parte della nuova amministrazione, la mossa strategica vincente per invertire questa tendenza negativa. La soluzione, neanche tanto difficile da percorrere se raffrontata alla posta in palio, è pertanto di mettere in condizione le agenzie agricole della Regione Sarda, che si occupano di gestire 1.308.000.000 euro di esclusiva proprietà dei contadini, di essere efficienti, veloci con le procedure, informate sui pur complessi meccanismi di spesa e di rendicontazione delle risorse europee. Chicco Curreli